A parlare della corsa insieme a Linus

Qualche giorno fa con Linus abbiamo parlato della corsa. Io senza corsa e senza lunghe camminate credo non riuscirei a scrivere, devo ossigenare, per questo amo la dimensione del viaggio, e quella della corsa appunto. Correndo si sente (solo) il corpo, lo si conduce allo stremo, lo si guida in una dimensione in cui si combatte contro di esso, e alla fine si vince, oppure si perde. La corsa crea il vuoto, è un’attività meditativa come la danza dei dervisci. E poi la corsa e la scrittura hanno tanto in comune, per esempio l’arte di dosare, di trattenere. Ieri raccontavo di come l’unica gara che abbia mai vinto è stata anche la prima che ho corso, avevo sei anni. La scuola aveva organizzato una campestre dentro il Parco Nord, ci misero in fila e ci attaccarono degli enormi e fastidiosissimi pettorali con i numeri. Io non avevo davvero capito di cosa si trattasse (che senso ha correre in un circuito?, mi chiedevo) finché un signore, probabilmente notando il mio disorientamento, non si avvicinò e disse: “Segui il cordone e corri più veloce che puoi”. Così feci. Ma per la prima volta, verso i due terzi della gara, provai la rottura del fiato, le nausee, i conati di vomito tipici di quando si oltrepassa la cosiddetta soglia aerobica di Van Aaken. Eppure continuai. Quell’insano rapporto con il corpo (che implorava di fermarsi) aveva in sé qualche attrattiva. Poi sulla mia strada ci furono almeno due incontri fortunati: quello con Antonio La Torre, oggi direttore tecnico della nazionale di atletica (l’uomo dietro tutte le vittorie italiane, Jacobs, Tortu ecc), mio prof di educazione fisica al liceo, e quello con i campioni (su tutti Ivano Brugnetti, lui di Bresso come me, medaglia d’Oro nella marcia alle Olimpiadi di Atene del 2004) con cui uscivo a correre partendo dal Campo Pino Dordoni di Sesto. Come dice Covacich nel suo bellissimo “Sulla corsa” citando Bourdieu, c’è da noi “un’idiosincrasia tra le persone colte verso il cliché dello sportivo, che incarna una scelta antiestetica rispetto, poniamo, al suonatore di violino”. Io penso sempre a come stava bene David Foster Wallace nei panni del tennista! Viva la corsa e i dervisci danzanti, e grazie a Linus per avermi portato a parlare di questa nostra passione comune.
(La chiacchierata si trova online sulla pagina Facebook de LaFeltrinelli)
2022-09-20T09:58:34+02:00 20 Settembre 2022|